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Rincari energia: le difficoltà delle imprese e le strategie future

L’aumento dei costi delle materie prime, unito all’impennata del gas e dell’energia elettrica, sta producendo conseguenze allarmanti per il settore industriale italiano.

Numerose indagini stanno analizzando gli effetti dei rincari dell’energia per le imprese, i quali rischiano di tramutarsi in perdite importanti di quote di mercato se non addirittura in chiusure forzate per molte aziende.

In questo articolo presenteremo la situazione problematica dei rincari dei prezzi dell’energia nel nostro Paese, facendo riferimento ai più recenti studi sul tema che evidenziano anche una serie di possibili azioni per contrastare gli effetti negativi degli aumenti. Tra queste, emerge soprattutto la promozione della transizione energetica e della sostenibilità (tema che abbiamo affrontato anche in altri interventi del nostro blog).

In particolare di seguito tratteremo:

I dati sull'aumento dei prezzi energetici

 

Il Centro Studi di Confindustria ha recentemente realizzato un’analisi dettagliata sull’andamento dei prezzi delle commodity e i numeri si presentano in crescita vertiginosa. In Europa l’impennata del gas naturale ha registrato un +723% rispetto ai livelli pre-covid di fine 2019 e si è trasferita di conseguenza sul prezzo dell’energia elettrica.

Ciò ha fatto aumentare enormemente i costi energetici delle imprese italiane del settore industriale, previsti nel 2022 pari a 37 miliardi rispetto agli 8 miliardi del 2019. L’aumento dei prezzi, dovuto sia a effettiva scarsità di materie prime sia a questioni geopolitiche (come le tensioni tra Unione Europea e Russia), sta raggiungendo livelli insostenibili non solo per l’energia ma anche per altri materiali come petrolio (+13%), rame (+57%), cotone (+58%), oltre che per i costi dei trasporti marittimi. Confindustria avverte che, in assenza di interventi strutturali, questa pressione sulle imprese italiane rischia di bloccare la produzione e di creare danni notevoli per la competitività internazionale, a maggior ragione perché il nostro Paese è penalizzato in confronto ai competitor europei. Il prezzo dell’energia elettrica in Italia è infatti più alto rispetto ad altri Paesi, come la Francia, che sono già intervenuti con policy specifiche.

Le conseguenze per le imprese


In cosa si è tradotto per le aziende italiane questo forte rincaro dei prezzi energetici?
L’effetto più importante si è potuto riscontrare nella riduzione dei margini operativi, essendo difficile scaricare sui clienti finali gli aumenti dei prezzi delle commodity. La sofferenza della marginalità è più evidente per le imprese che producono beni di consumo (ad esempio abbigliamento, mezzi di trasporto…) in quanto appartengono a comparti più vicini alla domanda finale. La situazione è critica anche per le aziende operanti in settori energivori (ad esempio cemento, metallurgia, legno e carta), che sono ormai a rischio delocalizzazione.


Un’altra indagine condotta dal Centro Studi della CNA su un campione di 2.500 aziende rappresentativo di artigianato e piccole imprese ha rilevato ulteriori conseguenze. In particolare, per fronteggiare l’impatto dei rincari energetici il 43,6% delle aziende intervistate sta cercando di ridurre altre voci di costo, mentre il 42% prevede di aggiornare i listini prezzi dei propri prodotti. Il 37% delle imprese dovrà rimandare investimenti già programmati, invece una quota minore (il 20% del totale) adotterà misure più importanti come l’efficientamento energetico delle proprie strutture. Infine, alcune imprese dichiarano che dovranno intervenire a livello di organico o di retribuzioni dei propri dipendenti.
I risultati dello studio di CNA dimostrano quindi che il caro energia viene percepito come un problema sostanziale per il settore produttivo del nostro Paese. In generale, infatti, il 95% delle imprese intervistate ha dichiarato che il caro energia avrà un impatto significativo sulla propria attività.

I possibili interventi strategici

A fronte delle tensioni generate dall’impennata dei prezzi dell’energia, occorrono interventi sia da parte delle singole imprese sia a livello pubblico.
L’analisi di CNA presenta una serie di azioni strategiche individuate dalle imprese dell’artigianato per la ripresa. La quasi totalità delle aziende intervistate (91%) evidenzia come la priorità siano gli investimenti in fonti di energia rinnovabili. La transizione energetica è quindi un aspetto non più rimandabile e che sarà determinante per fronteggiare in futuro altre possibili crisi come quella in atto.

8 imprese su 10 segnalano anche la necessità di migliorare le infrastrutture di rete e di assicurare la concorrenza nel mercato dell’energia elettrica. Secondo CNA, infine, è opportuno che le istituzioni intervengano con politiche di sostegno adeguate e promuovendo le riforme e gli investimenti inclusi nel PNRR.


Anche Confindustria suggerisce alcune possibili soluzioni strategiche da attuare, se possibile, nell’immediato:

  1. intervenire sulle componenti fiscali e parafiscali delle bollette di energia elettrica e gas naturale, aumentando il livello di esenzione per i settori energivori;
  2. aumentare la produzione nazionale di gas per favorire il riequilibrio della struttura degli approvvigionamenti del nostro Paese, senza però produrre effetti negativi sul piano ambientale;
  3. riformare il mercato elettrico per slegare la valorizzazione della produzione di energia rinnovabile dal costo di produzione termoelettrica a gas.

Le fonti

Confindustria 

Il Sole 24 ore

Il Giorno

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